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Didattica - La mediazione didattica

3/9/2018

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Riflessioni sul docente specializzato per il Sostegno. La MEDIATTICA. 

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La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di conoscere se stessi. (Hermann Hesse)

​“Insegnare oggi appare più che mai una scelta professionale coraggiosa” [1] e la relazione, per il docente specializzato sul sostegno, diviene il punto cardine, poiché “l’insegnamento è di fatto una professione relazionale. Il docente interagisce incessantemente con lo studente, con la famiglia, con i colleghi, con le istituzioni" [2]. Il docente deve tenere presente la consapevolezza del fattore dell’imprevedibilità; non deve mai dare per scontato le preconoscenze dello studente, perché ogni studente è una storia a sé e deve essere conosciuto. Per questo l'osservazione clinica (iniziale e costante) è essenziale, non basta limitarsi a consultare documenti o diagnosi. Osservare luoghi, tempi e relazioni, ponendo l’attenzione su alcuni focus: movimenti, tono della voce, relazione ed esposizione comunicativa con i compagni e i docenti, comportamenti, attenzione, motivazione, sguardi, piccoli gesti, postura. Osservare "non è sinonimo" di vedere, c’è dell’altro: l’osservazione clinica (occhio clinico) equivale al “vedere oltre” e con essa cambia lo spessore della “lente”. Pertanto, osservare, osservarsi e sapere di essere, nello stesso momento, oggetto di osservazione è da ritenersi un lavoro meta-cognitivo ossessivo, quasi ridondante. D’altronde, bisogna considerare che la formazione di un insegnante è un processo senza fine, nella quale si fonde inevitabilmente la storia personale, con “la consapevolezza che il processo di acquisizione di qualsivoglia conoscenza passa necessariamente attraverso il dialogo con se stessi e la propria storia” [3]. Devo ammettere che questo processo di acquisizione, a volte, sfugge all’insegnante “involontariamente”. Chiunque volesse intraprendere la strada dell’insegnamento deve fare i conti con la propria esperienza scolastica, con i propri modelli, con la passione, i successi e gli insuccessi appresi durante la propria vita personale. Riconoscere i propri limiti è inevitabilmente una risorsa. L’“io so”, perché sono un insegnante, e tu non capisci nulla, perché sei uno studente, non è sicuramente l’atteggiamento degno da seguire.
Vincenzo Fanelli, scrittore e formatore aziendale di fama mondiale, si è più volte soffermato sull’importanza del “rispecchiamento”, ossia quel sistema che dà la possibilità di creare con il nostro interlocutore un “rapporto empatico”, basato sulla fiducia e la sintonia emotiva. “Il rispecchiamento è uno dei metodi più potenti e che è alla base della programmazione neuro-linguistica. È un sistema per creare velocemente rapporti con il nostro interlocutore. La stessa parola indica un’assunzione della nostra postura speculare a quella di chi ci è di fronte. Pensate a due innamorati. Quando sono insieme, assumono una postura identica, mimando gli stessi gesti, come in una “danza” non verbale" [4]. Vincenzo Fanelli fa esplicito riferimento a Robert Levenson, psicologo della California University di Berkeley, il quale ha mostrato come l’empatia ha una base fisiologica.
Inoltre, si deve tenere sempre presente che in una relazione docente-discente entrano in gioco anche le aspettative di entrambi; il linguaggio, le immagini, i segni e le strategie comunicative assumono un ruolo importante perché lo sviluppo delle conoscenze metacognitive di ciascuno è inevitabile.
Preso atto “che ciascuno di noi sviluppa delle conoscenze metacognitive delle quali poi può essere più o meno consapevole”, è evidente che “l’acquisizione di questa coscienza permette di intervenire nella regolazione e nel controllo dei processi messi in atto dalla persona” [5]. La riflessione su se stessi non è certamente un lavoro semplice e né tanto meno la si può liquidare in poche battute. Attivare la metacognizione durante l’azione, in questo caso durante l’agire in classe, è un lavoro decisamente laborioso ma per l’insegnante specializzato può essere maggiormente gratificante poiché si tratta di una sfida ulteriore. Difatti, se si riescono a “gestire le diversità individuali, garantendo a tutti gli alunni l’individualizzazione del processo di apprendimento” [6], si favorisce l’integrazione dell'alunno nell’ambiente classe. La conquista di questo traguardo per l’insegnante specializzato altro non è che una maggiore gratificazione che alimenta la propria autostima. Inoltre, l’autoefficacia, ossia quelle “convinzioni relative alla propria capacità di affrontare adeguatamente situazioni specifiche” [7], gioca un ruolo importante. L’autoefficacia dell’insegnante è “il grado in cui egli crede nelle proprie capacità di influenzare la prestazione degli studenti” [8]. Bisogna considerare che “una delle proposte più radicali emerse dalla psicologia culturale nel campo dell’educazione è stata quella di rivoluzionare la concezione della classe, considerandola appunto una sottocomunità di persone che apprendono le une e le altre, dove il docente ha il compito di orchestrazione” [9]. “La conoscenza, dunque, non è «accumulo», ma significati, rapporti, gerarchie, nessi e combinazioni di cui l’insegnante è «orchestratore» più o meno consapevole di più entità fluide che comprendono invariantemente anche se stesso” [10]. Per questi motivi, il compito principale del docente specializzato per il sostegno non è di sostituirsi allo studente, ma è quello di mediare, attraverso strategie didattiche e comunicative, per fare emergere le potenzialità del singolo studente.

[1] O. Albanese, Disabilità, Integrazione e formazione degli insegnanti, Bergamo, Edizioni Junior, 2006, p. 29.

[2] Ivi, p. 193.


[3] L. Formenti, I. Gamelli, Quella volta che ho imparato. La conoscenza di sé nei luoghi dell’educazione. Op. cit., p. 82.

[4] Empatia e Rispecchiamento.

[5] A. Antonietti, M. Cantoia, La mente che impara. Percorsi metacognitivi di apprendimento. Op. cit., pp. 21-22.

[6] O. Albanese, Disabilità, Integrazione e formazione degli insegnanti, op. cit., p. 29.

[7] Ivi, p. 197.

[8] ibidem.


[9] J. S. Bruner, La cultura dell’educazione, Milano, Feltrinelli, 1996, p. 35.

[10] P. De Mennato, Saperi della mente, saperi delle discipline, Napoli, Ellissi, 2003, pp. 16-17.


Massimiliano Sanfedino

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