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Filosofia - La scelta condizionata

28/10/2017

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Siamo davvero liberi di scegliere, oppure la nostra scelta è condizionata da un processo complesso?

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Secondo Martin Heidegger, filosofo tedesco, l'uomo non è solo un ente fra gli altri, ma nella sua stessa esistenza ha un costitutivo rapporto di comprensione per l'essere. L’uomo per il solo fatto di esistere si trova “gettato nel mondo”, ma non come un ente sterile e separato dalla realtà circostante, egli stesso è parte integrante di un processo universale in atto (un processo autodeterminante e causa sui). Il singolo individuo è "esserci come possibilità" ed è il frutto di un processo più ampio e generale. L’uomo non ha scelto come e se venire al mondo, ma è stato “catapultato” senza che l'abbia mai chiesto o desiderato. L'esistenza, o meno, ad esempio dello stesso Martin Heidegger, non è dettata da una scelta personale (non ha scelto di esistere), ma è l’effetto di cause dirette e cause indirette. La causa diretta, in questo caso, non è altro che l’agire dei suoi genitori, generandolo o mettendolo al mondo per la morte; mentre le cause indirette sono dettate dal processo universale che spinge gli stessi genitori a compiere quell’atto (procreazione).
Preso atto che l’uomo non sceglie di esistere, d’altra parte, ha la facoltà di scegliere nel corso della propria esistenza? E le sue scelte, o il suo agire, sono incondizionate? In altre parole, tu che stai leggendo, in questo preciso istante, hai scelto in modo incondizionato di leggere, oppure la tua scelta è frutto di un processo più complesso di cause dirette e indirette? Cosa ti ha spinto a leggere, in questo preciso istante, questo scritto e non un altro? Perché hai scelto di leggere ora e non in un altro momento? Eppure, in questo preciso istante potresti non continuare la lettura e scegliere di fare altro; ma cosa ci spinge e determina le scelte del nostro agire? Mi verrebbe da rispondere: l’esistenza, la quale ci impone a la scelta. Dunque, siamo vittime della nostra esistenza e di conseguenza obbligati a scegliere.
Ovviamente è un discorso che non si può riassumere in poche battute, ma posso sintetizzare e asserire che l'uomo, essendo un essere che si manifesta come tale, nella sua interezza, “gettato nel mondo”, è fortemente condizionato da innumerevoli e incalcolabili fattori, che personalmente sintetizzo (e catalogo) in tre stati (condizioni generali): DNA, Spazio-Tempo (o setting), Esperienza.
- DNA, ossia il nostro essere (geneticamente) che ci caratterizza e ci differenzia.  
- Spazio-Tempo (o setting), ossia lo spazio fisico della realtà circostante e il periodo storico dell'umanità nel quale siamo “gettati”. In questo caso, bisogna far riferimento agli usi e costumi, le credenze popolari, le strutture sociali, e così continuando.
- Esperienze personali e sociali, dalle più insignificanti (come leggere questo scritto) a quelle toccanti che possono modellare o modificare radicalmente la nostra personalità, il nostro modo di pensare e le scelte future.
Questi tre stati influenzano indiscutibilmente il nostro modo di essere e di agire nel mondo.
Pertanto, tornando al discorso sulla libertà di scelta, il nostro agire può essere considerato totalmente incondizionato, oppure è il frutto di un processo complesso?
In base al discorso affrontato poc’anzi posso asserire che la scelta del lettore (in questo preciso istante), come la mia scelta di pensare, di leggere o di scrivere, è stata dettata da un processo articolato di cause dirette e indirette. Queste cause ci hanno trascinato a compiere una determinata scelta e non un’altra, pur essendo dinanzi ad un ventaglio di possibilità, illusorie, che ci fanno credere che la scelta stessa sia libera e incondizionata. Di conseguenza, la scelta presa sarà l’effetto delle cause precedenti e, a sua volta, sarà la causa delle successive, come due facce della stessa medaglia (processo incessante, autodeterminante e causa sui).
Concludendo, posso asserire che ognuno di noi altro non è che la “risultante dell’Evoluzionismo causale nell’attuale presente”.
 
Ho appena scelto di leggere senza aver scelto cosa mi ha spinto a compiere tale azione.


​​Massimiliano Sanfedino

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Didattica - Disturbi specifici dell’apprendimento

15/10/2017

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... la mediazione didattica ... MEDIATTICA 

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Disturbi specifici dell’apprendimento

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I disturbi specifici dell’apprendimento rappresentano un ambito clinico molto problematico ed eterogeneo. Tale problematicità non è dovuta solo ed esclusivamente agli aspetti clinici dei singoli disturbi, essa riguarda anche l’ambiente, cioè la scuola, in cui i disturbi si manifestano, la vita quotidiana del soggetto con un disturbo specifico. La lettura e la scrittura infatti rappresentano gli strumenti per decodificare, significare e descrivere la realtà circostante e gli aspetti di vita famigliare.
Il DSA, Disturbo Specifico dell’Apprendimento, è un disturbo che interessa uno specifico dominio di abilità (lettura, ortografia, grafia e calcolo) in modo significativo, ma circoscritto lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. I DSA, meglio conosciuti con i termini di dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia sono, quindi, disturbi che riguardano lo sviluppo di abilità specifiche, rappresentano un problema ad alta incidenza nella popolazione scolastica (dal 2 al 5%) e originano molti casi di disagio e abbandono scolastico. Per questo è importante identificare il prima possibile tali disturbi, al fine di poter agire sin dalle fasi iniziali di acquisizione delle abilità funzionali all’apprendimento. Muoversi tempestivamente permette, inoltre, di ridurre il disagio di tipo affettivo e sociale e di prevenire l’insorgenza di disturbi comportamentali.
Non è un caso infatti che i bambini con un disturbo specifico dell’apprendimento abbiano reazioni che, semplificando, sono legate ad aspetti relativi all’autostima. Le reazioni di un bambino con disturbo specifico possono considerarsi di tre categorie fondamentali: reazioni di tipo aggressivo, caratterizzati dalla costante ricerca del soggetto di un’identità all’interno della propria classe che può sfociare nell’attuazione di atteggiamenti di tipo oppositorio e provocatorio; reazioni depressive, date da un’immagine di sé negativa e squalificante che si riflette sul presente del soggetto, per cui il soggetto si percepisce come privo di valore, ma anche sul futuro, per cui vi è la convinzione che le cose non miglioreranno mai e che nessuna persona o nuova attività possano migliorare le cose; e una reazione caratterizzata da uno stato confusionale costante, per cui la scuola, già normalmente problematica, diviene una struttura informe e incomprensibile, sia a livello didattico vero e proprio che a livello relazionale e sociale.
È chiaro quindi che gli adulti che si trovano a stretto contatto con un bambino con disturbo specifico debbano attuare meccanismi relazionali particolari. Genitori, insegnanti e le figure specializzate al recupero devono creare una rete di rapporti di aiuto collaborativi e costruttivi, capaci di migliorare la coscienza delle proprie capacità, devono aiutarlo a costruirsi una nuova un’immagine di sé che integri gli aspetti deficitari a quelli normali, a prendere contatto con i propri limiti e le proprie potenzialità, evitando eccessive oscillazioni tra sentimenti contrastanti di positività e di disfatta.
Gli insegnanti, in particolar modo, sono figure sensibili ed importanti nel cammino di un soggetto con disturbo specifico dell’apprendimento: devono essere in grado di graduare le difficoltà che presentano al bambino, rispettare i tempi di apprendimento, selezionando i contenuti e privilegiando gli aspetti concettuali a quelli quantitativi, devono motivare e coinvolgere tutti gli alunni senza creare rapporti viziati e di preferenza, devono usare le gratificazioni con oculatezza e come rinforzo costruttivo, devono favorire le occasioni nelle quali sia possibile parlare delle difficoltà e delle diversità e in ultimo gli insegnanti devono controllare le proprie emozioni, evitando atteggiamenti di frustrazione e di negatività. Si presenta, in conclusione, anche l’essenzialità e l’importanza degli aspetti preventivi che hanno il preciso scopo di individuare i segnali di qualcosa che non procede nel modo giusto in modo da dare vita ad un piano d’intervento tempestivo e, quindi, maggiormente efficace.


Massimiliano Sanfedino

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    Massimiliano Sanfedino
    - Docente di Tecniche di comunicazione
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