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tratto da Il mondo intellettuale-filosofico a Milano e nuove prospettive
Quali sono i luoghi istituzionali e non della sua attività di intellettuale?
La mia attività si concentra prevalentemente nella Casa della Cultura, nel senso che ho deciso di ricostruire la funzione ed il ruolo della Casa della Cultura di Milano. Gestisco inoltre un laboratorio sulla Comunicazione pubblica presso l’Università Bicocca e collaboro con la CGIL per l’attività di formazione.
Secondo lei, l’intellettuale milanese dispone oggi della capacità di influenzare la città?
Questa è una domanda difficile e anche ambigua. Bisogna discutere bene su come oggi è organizzata la vita culturale della città. La vita culturale a Milano non è spenta: chi afferma questo dice solo delle banalità. Abbiamo a Milano una rete molto robusta di università, con realtà di spicco anche in campi molto diversi. Penso al Politecnico, alla Bocconi, ai centri di ricerca bio-medica. Nell’ambito della vita accademica ed editoriale vi è qualità e tensione innovativa.
Questa vita culturale arriva alla città? È questa la domanda da porsi. Nel mondo accademico c’è la tendenza a concentrare tutte le proprie energie in un’attività sempre più specialistica, sempre più frantumata e parcellizzata. Invece si è lentamente persa, fin quasi a scomparire, l’abitudine di riportare le questioni nell’ambito di un discorso pubblico. Tant’è vero che, come lei sicuramente avrà notato, le voci di tanti centri culturali si sono spente.
Perché si è verificato questo? È una domanda complicata ed insidiosa. A ben vedere la vita pubblica è oggi occupata da altro, e questo qualcun altro ha su Milano un’influenza molto forte. La vita pubblica è occupata praticamente solo dai media: il più potente, il gruppo Mediaset, ha qui la sua sede, il suo retroterra e esercita un’influenza enorme. Questa è la situazione reale della città di Milano. In questa situazione il dibattito pubblico, quale noi vorremmo, non esiste più. Non c’è un dibattito organizzato capace di individuare e mettere a fuoco le grandi questioni.
Qual è il ruolo degli intellettuali nella formazione della città e della sua società oggi?
Milano è una città densa di intellettuali che però sono concentrati nelle loro attività specialistiche. Lo spegnersi del discorso pubblico e dei luoghi ad esso preposti è la cosa probabilmente di cui soffre di più la città. La città ha perso il suo ruolo di comunità impegnata intorno a un’idea di bene comune, intorno all’idea di costruire una cerchia di valori condivisi ed è diventata invece il luogo nel quale competono sfrenatamente e liberamente i vari interessi.
Secondo lei, la città di Milano ha avuto in passato un ruolo particolare nella tradizione intellettuale italiana?
Questo è assolutamente evidente. Vi sono aspetti della tradizione culturale milanese che hanno avuto una grandissima influenza nella cultura italiana già a partire dal Cinquecento, dal Seicento, dal Settecento. Bisogna ricordare che Milano è la città dell’Illuminismo ed è importante ribadirlo perché questo è il filone che ha avuto la ricaduta più profonda sulla nostra vita e di cui ancora si può trovare un filo che arriva fino ai nostri giorni e fino alla Casa della Cultura. Io dico sempre che c’è un filo che passa da Verri a Cattaneo, attraversa il socialismo positivista ed è poi rintracciabile nel gruppo di Banfi, nella sua scuola, e attraverso essa si è travasato nella Casa della Cultura. In questa linea ideale io ritrovo il meglio della tradizione culturale milanese. Ma att.: Milano è una città a molte dimensioni e a molte facce, perciò non vi è mai un solo filone dominante. Questa è l’aspetto in assoluto più affascinante di questa città. Qualcun altro potrebbe lecitamente individuare altri filoni ma io, con un pizzico di faziosità, consapevole, ho indicato quello a cui sono personalmente più legato e penso che sia quello che ha dato maggiormente prova di vitalità nel corso degli ultimi due secoli e mezzo di storia.
Qual è il suo parere sulla vita intellettuale della città oggi? Possiamo parlare oggi di una “decadenza” culturale?
Io sono molto prudente sui ragionamenti sulla decadenza. In realtà io vedo una trasformazione. In essa vedo sostanzialmente un fatto che proprio a Milano si è innescato e poi si è esteso anche alle altre città. Questo punto è la trasformazione della proposta culturale in attività spettacolari. Milano è piena di eventi, ma essi sono una cosa molto diversa dalla capacità di far vivere una proposta culturale. Io sono sempre più in difficoltà nel rintracciare profili, progetti e percorsi culturali. In fin dei conti, fino a non molti anni fa, a Milano vi erano progetti molto forti nel campo culturale. Penso ad esempio al Piccolo Teatro, con un profilo culturale fortissimo, ma anche ad altri teatri che avevano una identificazione con progetti culturali chiaramente individuabili. Oggi lei provi ad individuare nell’ambito delle mille attività offerte ogni giorno, qualcosa che vada oltre l’occasionalità e la particolarità dei singoli eventi. In campo sono rimasti pochissimi progetti culturali: tra di essi, volutamente ed ostinatamente controcorrente, è rimasta proprio la Casa della Cultura. Questo non significa un segno di decadenza, anzi sarebbe un errore interpretare il tutto in questo modo. Qualche volta c’è anzi un’esplosione di attività: pensi alla Triennale, la quale forse non ha mai avuto una così vasta produzione di eventi.
“(Agorà). La settimana dell’Intellettuale-Filosofo”. Cosa ne pensa di realizzare a Milano La settimana dell’Intellettuale-Filosofo, ossia di portare gli intellettuali in piazza a contatto con la gente?
Io le faccio i migliori auguri. Suggerisco di stare molto attento alla programmazione: la logica dell’evento e dello spettacolo rischia di assorbire le migliori intenzioni. Attenti a non farvi assorbire da questa logica. Il consiglio che posso dare è quello di fissare con grande chiarezza l’obiettivo. Attenzione alla logica del personaggio che attrae i media: si deve costruire un progetto che abbia un focus forte e chiaro; insomma bisognerebbe pensare a qualcosa che possa vivere nel tempo, che venga ricordato anche nei giorni successivi, non ad un evento consumato solo al momento. Purtroppo solo la Casa della Cultura e poche altre realtà sfuggono alla logica dell’evento.
Riflessioni, proposte e critiche personali sul progetto.
Come sede, perchè no? Potete tentare la Loggia dei Mercanti: un posto suggestivo e carico di storia.
Quali sono i luoghi istituzionali e non della sua attività di intellettuale?
La mia attività si concentra prevalentemente nella Casa della Cultura, nel senso che ho deciso di ricostruire la funzione ed il ruolo della Casa della Cultura di Milano. Gestisco inoltre un laboratorio sulla Comunicazione pubblica presso l’Università Bicocca e collaboro con la CGIL per l’attività di formazione.
Secondo lei, l’intellettuale milanese dispone oggi della capacità di influenzare la città?
Questa è una domanda difficile e anche ambigua. Bisogna discutere bene su come oggi è organizzata la vita culturale della città. La vita culturale a Milano non è spenta: chi afferma questo dice solo delle banalità. Abbiamo a Milano una rete molto robusta di università, con realtà di spicco anche in campi molto diversi. Penso al Politecnico, alla Bocconi, ai centri di ricerca bio-medica. Nell’ambito della vita accademica ed editoriale vi è qualità e tensione innovativa.
Questa vita culturale arriva alla città? È questa la domanda da porsi. Nel mondo accademico c’è la tendenza a concentrare tutte le proprie energie in un’attività sempre più specialistica, sempre più frantumata e parcellizzata. Invece si è lentamente persa, fin quasi a scomparire, l’abitudine di riportare le questioni nell’ambito di un discorso pubblico. Tant’è vero che, come lei sicuramente avrà notato, le voci di tanti centri culturali si sono spente.
Perché si è verificato questo? È una domanda complicata ed insidiosa. A ben vedere la vita pubblica è oggi occupata da altro, e questo qualcun altro ha su Milano un’influenza molto forte. La vita pubblica è occupata praticamente solo dai media: il più potente, il gruppo Mediaset, ha qui la sua sede, il suo retroterra e esercita un’influenza enorme. Questa è la situazione reale della città di Milano. In questa situazione il dibattito pubblico, quale noi vorremmo, non esiste più. Non c’è un dibattito organizzato capace di individuare e mettere a fuoco le grandi questioni.
Qual è il ruolo degli intellettuali nella formazione della città e della sua società oggi?
Milano è una città densa di intellettuali che però sono concentrati nelle loro attività specialistiche. Lo spegnersi del discorso pubblico e dei luoghi ad esso preposti è la cosa probabilmente di cui soffre di più la città. La città ha perso il suo ruolo di comunità impegnata intorno a un’idea di bene comune, intorno all’idea di costruire una cerchia di valori condivisi ed è diventata invece il luogo nel quale competono sfrenatamente e liberamente i vari interessi.
Secondo lei, la città di Milano ha avuto in passato un ruolo particolare nella tradizione intellettuale italiana?
Questo è assolutamente evidente. Vi sono aspetti della tradizione culturale milanese che hanno avuto una grandissima influenza nella cultura italiana già a partire dal Cinquecento, dal Seicento, dal Settecento. Bisogna ricordare che Milano è la città dell’Illuminismo ed è importante ribadirlo perché questo è il filone che ha avuto la ricaduta più profonda sulla nostra vita e di cui ancora si può trovare un filo che arriva fino ai nostri giorni e fino alla Casa della Cultura. Io dico sempre che c’è un filo che passa da Verri a Cattaneo, attraversa il socialismo positivista ed è poi rintracciabile nel gruppo di Banfi, nella sua scuola, e attraverso essa si è travasato nella Casa della Cultura. In questa linea ideale io ritrovo il meglio della tradizione culturale milanese. Ma att.: Milano è una città a molte dimensioni e a molte facce, perciò non vi è mai un solo filone dominante. Questa è l’aspetto in assoluto più affascinante di questa città. Qualcun altro potrebbe lecitamente individuare altri filoni ma io, con un pizzico di faziosità, consapevole, ho indicato quello a cui sono personalmente più legato e penso che sia quello che ha dato maggiormente prova di vitalità nel corso degli ultimi due secoli e mezzo di storia.
Qual è il suo parere sulla vita intellettuale della città oggi? Possiamo parlare oggi di una “decadenza” culturale?
Io sono molto prudente sui ragionamenti sulla decadenza. In realtà io vedo una trasformazione. In essa vedo sostanzialmente un fatto che proprio a Milano si è innescato e poi si è esteso anche alle altre città. Questo punto è la trasformazione della proposta culturale in attività spettacolari. Milano è piena di eventi, ma essi sono una cosa molto diversa dalla capacità di far vivere una proposta culturale. Io sono sempre più in difficoltà nel rintracciare profili, progetti e percorsi culturali. In fin dei conti, fino a non molti anni fa, a Milano vi erano progetti molto forti nel campo culturale. Penso ad esempio al Piccolo Teatro, con un profilo culturale fortissimo, ma anche ad altri teatri che avevano una identificazione con progetti culturali chiaramente individuabili. Oggi lei provi ad individuare nell’ambito delle mille attività offerte ogni giorno, qualcosa che vada oltre l’occasionalità e la particolarità dei singoli eventi. In campo sono rimasti pochissimi progetti culturali: tra di essi, volutamente ed ostinatamente controcorrente, è rimasta proprio la Casa della Cultura. Questo non significa un segno di decadenza, anzi sarebbe un errore interpretare il tutto in questo modo. Qualche volta c’è anzi un’esplosione di attività: pensi alla Triennale, la quale forse non ha mai avuto una così vasta produzione di eventi.
“(Agorà). La settimana dell’Intellettuale-Filosofo”. Cosa ne pensa di realizzare a Milano La settimana dell’Intellettuale-Filosofo, ossia di portare gli intellettuali in piazza a contatto con la gente?
Io le faccio i migliori auguri. Suggerisco di stare molto attento alla programmazione: la logica dell’evento e dello spettacolo rischia di assorbire le migliori intenzioni. Attenti a non farvi assorbire da questa logica. Il consiglio che posso dare è quello di fissare con grande chiarezza l’obiettivo. Attenzione alla logica del personaggio che attrae i media: si deve costruire un progetto che abbia un focus forte e chiaro; insomma bisognerebbe pensare a qualcosa che possa vivere nel tempo, che venga ricordato anche nei giorni successivi, non ad un evento consumato solo al momento. Purtroppo solo la Casa della Cultura e poche altre realtà sfuggono alla logica dell’evento.
Riflessioni, proposte e critiche personali sul progetto.
Come sede, perchè no? Potete tentare la Loggia dei Mercanti: un posto suggestivo e carico di storia.
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