Jean-Paul Sartre, il maestro di cosa vuol dire essere liberi, il 15 aprile del 1980 naufragava nel suo silenzio: il mondo aveva perso il più grande pensatore dell’Umanismo. Con il suo silenzio, Sartre ha raggiunto il suo obiettivo: si è conquistato finalmente l’eternità. Oggi è vivo, non è solo un ricordo, è sopravvissuto grazie alle sue lezioni di vita ... CONTINUA A LEGGERE
Dio: un’illusione tramandatasi troppo a lungoL’ateo, negli anni dell’infanzia di Sartre, come egli stesso dichiara ne Le Parole, veniva visto come “un originale, un pazzo furioso […] un fanatico pieno di tabù che rifiutava a se stesso il diritto di inginocchiarsi nelle chiese, […] un maniaco di Dio che ovunque vedeva la Sua assenza”[1], un personaggio che indossava i vestiti di un concetto riprovevole, un personaggio che ricorda l’uomo folle di Nietzsche, quello che “pare abbia fatto irruzione, […], in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo”[2]. Ma in realtà, l’ateo è ben differente da ciò. Questa descrizione è solo un’esagerazione, un’immagine metaforica dell’uomo in rivolta, poiché Sartre è visto come un intellettuale révolté, simbolo dell’immagine de “la révolte métaphysique en Occident”[3], come recita il titolo dell’opera di Berlet. Mancava “un grande pensiero ateo, veramente ateo, ed era in quella direzione che ci si doveva ora sforzare di lavorare”, dichiara Sartre, mancava quella “filosofia dell’uomo, in un mondo materiale”[4], mancava insomma il suo umanismo, o se si preferisce, la venuta del “suo” Superuomo. “Gli atei si sono occupati poco di filosofia: tutti i più grandi filosofi sono più o meno credenti”[5], come Cartesio, Kant, Spinoza, anche se il panteismo di quest’ultimo è stato accusato di filo-ateismo. Neanche il pensiero di Feuerbach, come quello di Nietzsche, si può ritenere a tutti gli effetti ateo, poiché entrambi restano ugualmente sulla strada della religiosità, naturalmente con concezioni differenti, concludendo che va esclusa, in loro, una completa irreligiosità. Troppo spesso, concezioni che hanno spostato o trattato in modo differente il sacro, sono state ritenute atee nella storia della filosofia; un problema sottolineato anche da Merleau-Ponty in Elogio della filosofia. Bodei ci ricorda che addirittura Socrate fu accusato di ateismo. Feuerbach, Nietzsche e Sartre possiamo considerarli come tre figure emblematiche dell’ateismo, ognuno con caratteristiche dissimili e appartenenti ad epoche differenti. Il primo mette in evidenza il crollo dell’uomo dinanzi alla sua creatura, ossia Dio; il secondo è il demolitore di tutte le certezze del cristianesimo e del castello dei valori; ed infine il terzo è “l’uomo secolo”[6], il Sartre della rinascita dell’uomo nuovo nel mondo dell’assenza di Dio. Un Sartre spesso ritenuto il prosecutore di Gide, ma che “non si può dire che abbia preso il suo posto. Se lo è fabbricato il proprio trono. Se lo è scolpito il proprio scettro”[7]. Secondo Jean-Luc Berlet, docente di filosofia alla Sorbonne, le tre figure emblematiche che hanno ossessionato il mondo occidentale e che costituiscono le «complexe de Dieu» sono: “Dionysos, la figure de référence de Nietzsche, incarne le désir illimité de puissance et de créativité” (Dionisio, la figura di riferimento di Nietzsche, incarna il desiderio illimitato di potenza e di creatività); Prometeo, riferito a Marx, simbolo della giustizia, “incarne le défi lancé à Zeus” (incarna la sfida lanciata a Zeus); ed infine Lucifero, immagine della pura “révolte contre Dieu” (rivolta contro Dio) distruttrice[8], di quel sovvertimento metafisico, nel quale possiamo inserire gli intellettuali dell’esistenzialismo ateo. Ma, se al tempo di Nietzsche il Superuomo veniva troppo presto, nel periodo esistenziale di Sartre, il mondo, fu pronto ad accogliere il nuovo uomo? Pare proprio di no! “Non si può dire che il mondo sia ateo, che l’umanità sia atea. C’è ancora troppa gente che crede”[9], afferma Sartre nei colloqui con S. De Beauvoir. “Dio è ancora presente nella storia”[10], l’uomo non è ancora pronto per accogliere il nuovo-uomo nel mondo, forse non lo sarà mai, perché è più facile credere ad un Essere Onnipotente, dice Sartre, che ad un mondo senza di Lui. Si tratta di una ipotesi inutile, che si tramanda da secoli e che è nata in quell’uomo che per la prima volta cercò di comprendere le sontuose manifestazioni della natura e, non avendo i mezzi per spiegarle, riparò in un Essere al di sopra di lui. Fu allora che l’uomo, senza rendersene conto, creò Dio, un’illusione tramandatasi troppo a lungo. Penso che in ognuno di noi ci sia uno Zarathustra, c’è chi lo ritrova, come è stato per Nietzsche, per Feuerbach, per Sartre - anche se in modi differenti - e c’è chi non riesce a svegliarsi da quel sonno dogmatico. In conclusione, posso asserire che Sartre, come tra l’altro sostiene Bernard-Henri Lévy, deve essere riletto sia in chiave nietzscheana, sia in chiave feuerbachiana, ossia dal punto di vista ontologico-antropologico, e, citando una frase dei Quaderni per una morale, vorrei ribadire che l’umanismo altro non è che “l’assenza di Dio, la quale non è più la chiusura, anzi essa è l’apertura dell’infinito, […] è più divina di Dio”[11]. [1] Cfr. Jean-Paul Sartre, Le Parole, Titolo originale: Les Mots [1964], Traduzione a cura di Luigi de Nardis, il Saggiatore, Milano 1972, p. 93. [2] Cfr. Friederich Nietzsche, Idilli di Messina, La gaia scienza e frammenti postumi 1881-1882, cap. intitolato: «L’uomo folle», versioni di Ferruccio Masini e Mazzino Montinari, Adelphi edizioni, Milano 1965, cit., p. 130. [3] Cfr. Jean-Luc Berlet, Le complexe de Dieu, La révolte métaphysique en Occident, Imago, Édition Exergue 1999. [4] Cfr. Simone de Beauvoir, Conversazioni con Jean-Paul Sartre, in La cerimonia degli addii, Titolo Originale: La cérémonie des adieux, suivi de Entretiens avec Jean-Paul Sartre, août-septembre 1974, Paris, Gallimard 1982 ; a cura di E. De Angeli, Torino, Einaudi1983, cit., p. 522. [5] Ibidem. [6] Cfr. Bernard-Henri Lévy, Il secolo di Sartre, Titolo originale: Le siècle de Sartre [2000], traduzione di Roberto Salvatori, Il Saggiatore, Milano 2004. [7] Ivi, cit., p. 86. [8] Cfr. Jean-Luc Berlet, Le complexe de Dieu, La révolte métaphysique en Occident, Imago, Édition Exergue 1999, la traduzione è nostra, cit., p. 5. [9] Cfr. Simone de Beauvoir, Conversazioni con Jean-Paul Sartre, in La cerimonia degli addii, Titolo Originale: La cérémonie des adieux, suivi de Entretiens avec Jean-Paul Sartre, août-septembre 1974, Paris, Gallimard 1982 ; a cura di E. De Angeli, Torino, Einaudi1983, cit., p. 532. [10] Cfr. Jean-Paul Sartre, Quaderni per una morale (1947-1948), a cura di Fabrizio Scanzio e traduzione, Titolo originale: Cahiers puor une morale, Edizioni Associate, Roma 1991, cit., p. 86. [11] Ivi, cit., p. 37. Massimiliano Sanfedino (Tratto da L'esistenzialismo ateo di J. P. Sartre) |
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Gennaio 2021
Massimiliano Sanfedino
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